giovedì 24 luglio 2014

Es patrìda gaian #3

Sparta - anzi, Sparti - langue innocua al centro della sua bella pianura. Quattro strade, per di più brutte e polverose, ricostruite in fretta e furia così come veniva più comodo, a centuriazione romana. Qualche spartana sorbisce con la solita indolenza l'immancabile caffè-frappè estivo, guardandoci passare con aria interrogativa.

Nulla che lasci riaffiorare il passato, nulla che riesca a fare anche solo intuire l'esistenza di una delle città più importanti della storia occidentale. Altroché "Questa è Sparta!", altroché Leonida! Oggi alza goffamente la sua spada davanti allo stadio cittadino, impietrito dentro una scultura discutibile, meta di fanatici o di americani di passaggio in vacanza di gruppo.


Poco distante, alle pendici del Taigeto, si trovano altre rovine, quelle della fortezza di Mistra. Estremo avamposto difensivo e culturale dell'Occidente greco prima della resa definitiva all'avanzata turca, nel 1460. Ma fece in tempo a fiorirvi l'ultima delle scuole filosofiche davvero influenti del tardo impero bizantino, quella di Gemistio Pletone.

Neoplatonico all'eccesso, finisce per attirarsi le antipatie dei cristianissimi intellettuali occidentali, soprattutto durante il suo viaggio a Firenze nel 1439, chiamato a comporre il grande scisma orientale. Chi lo ascolta spera ancora in un possibile connubio tra Cristo e filosofia (e, cosa ancora più ardua, tra Platone e Aristotele): lui scandalizza il concilio di Firenze, auspicando una riforma morale e religiosa che si richiami al culto del Sole e alle teologie dei Gentili (in primis, Pitagora e Platone). Giorgio da Trebisonda dice di lui: "l'ho sempre temuto come una vipera velenosa".

Fatto sta che è anche grazie a questa vipera se Firenze è diventata quel centro di studio del greco e di rielaborazione culturale e filosofica del platonismo, la culla di un movimento di pensiero che in pochi anni cambierà la faccia dell'Europa intera. E, allo stesso modo, possiamo ritenerci fortunati della presa turca di Mistra, nel 1460: l'esodo di intere generazioni di intellettuali bizantini ha fatto la nostra ricchezza. Non è un caso che le spoglie di Pletone riposino a Rimini, nel misterico e pitagorico Tempio Malatestiano, e non in patria, nel cuore duro del Peloponneso.

Terra di esuli e rifugiati. Terra ostile e terra di guerra. Fino a Gytheio, l'antico porto di Sparta affacciato sul golfo di Laconia, il suolo lascia ancora sperare qualcosa. Ulivi, salici, arbusti, fiumi.

Nel Mani ogni sollievo è bandito.


Rocce nude a picco sul mare, piante bruciate, città disabitate, terrazzamenti in rovina. È la punta meridionale della Grecia continentale, e come tutte le terre estreme, non è luogo per pensatori. Vatheia, città turrita e ormai quasi abbandonata, contempla da un'altura il deserto di sterpi e il blu violento del mare. Capo Matapan non è lontano, lo nasconde una montagna abrasa dal sole.

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