domenica 13 giugno 2010

Umiliazione

Lascio perdere i mali pensieri nell’ombra dell’osteria.

Il fresco d’un maggio immaturo solletica l’aria.

Avventori seduti parlottano, ridacchiano

Sembrano allegri, sembrano tristi.


Una coppia s’avvicina al bancone. Mi fermo a guardare.

Lei pare stanca, non saprei dire perché; lui boccoli bianchi

E fronte ampia, brillantina. Le tiene la mano lentigginosa.

“Uno spumante! e dei migliori, grazie.” Sorriso di calce.


Tramestii. Hanno l’innocenza delle scolarette,

come durante un’interrogazione. Quale sarà?

Frugano tra le bottiglie, in cerca di quella giusta -

Sfrigola il bicchiere e bacia le molli labbra di rossetto.


È tempo del giudizio. Tuffo del naso nel vitreo circolo.

“No, non ci siamo. Questo vino è andato.” “Mi scusi, lo cambieremo.

Le apro un’altra bottiglia.” Compassione. “No - lascia stare.

Prendo quello che avete d’aperto. Lascia stare”.


Sento le parole nascoste nei suoi occhi: non ti disturbare,

tu che non conosci, tu che non sei in grado, tu che non capisci.

Sopporterò per questa volta. Sopporteremo con sdegno.

Escono ridendo e non so se ridere anch’io o tacere d’amaro.


Bevo l’ultimo bicchiere; sono solo. Sono triste

come se il torto l’avessi subito io, e mi vergogno.

Quante forme ha la violenza? Quali altre maschere

Nasconderanno l’umiliazione? Da quale sporco


Seme nascerà ancora, ancora la vergogna?

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