martedì 30 marzo 2010

Bologna, 26 Marzo 2010


Bologna la sera si spoglia del rosso,
D’un rosso che ne impregna l’intonaco
che la tinge d’un tramonto chimico.
Si riveste di marmo e vetro verde;
Colonne infinite e bottiglie vuote
La sorreggono; non starebbe in piedi,
Ubriaca matrona di mollezze.
Balbetta piano infantili sciocchezze
Fatte di clacson e risate, di ritmi
Inebriati d’alcool e polveri
secoli, là tra le ombre claustrali
o sul filo di mille e mille passi
mille e mille pagine; ma silenti
rimangono alla folla che la mangia
dal di dentro, chiassosa metastasi
di soldi e sorrisi. La città s’è persa
e mi chiede indicazioni. Non le so.
Mi dice che si sente una puttana,
e non ricorda più le sue poesie.
Osservo muto il laterizio scuro
Di San Petronio (grottesco il suo viso!)
e rispecchio in esso la mia incompiutezza.

2 commenti:

  1. Questa poesia riesce a ricreare molto bene l'atmosfera che si respira a Bologna. Particolarmente efficaci, a mio avviso, sono alcune immagini come le colonne e le bottiglie vuote che la sorreggono, le ombre claustrali e la chiassosa metastasi.
    Forse un'altra Bologna (come scrivi di Venezia) va cercata e quasi scovata, come se si celasse con cura.
    Complimenti.

    Luca

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  2. Ti ringrazio, Luca.
    Sono convinto che un'altra Bologna esista, e che vada ricercata. Ma la perdita è grande, e sintomo di questi tempi.

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